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A risanare la Figc chi ha ucciso il calcio di Gianfranco Giubilo - Gen. 2002
Felice anno nuovo. Il che significa un anno in più alle spalle: del quale è utile, e giovevole alla salute, ricordare le (poche) cose belle e cancellare le (tante) parentesi buie e perfino tragiche. Mentre irrompe l'euro, simbolo di unità continentale, l'Europa continua a dividersi sui bilanci più futili: come quelli indotti da premi il cui valore è illustrato più dalle sigle, Pallone d'Oro e Fifa World Player, che dalla sostanza. Gloria a Michael Owen, accettabile laureato dal referendum tra giornalisti non sempre qualificati: se non è il più grande (non lo è, almeno per ora) magari potrebbe diventarlo. Ma non ha senso meravigliarsi del quinto posto di Francesco Totti: che ne sanno, di lui, gli ammessi al voto di Albania, Moldova, Macedonia o Andorra? Prendiamolo come un giochino innocuo, ideato e gestito da dilettanti della critica calcistica quali, nella storia, sono stati i nostri amici francesi, prima e dopo l'epoca di una "grandeur"troppo a lungo attesa. Per conferma, rileggere l'albo d'oro: vi figurano Belanov e Sammer, non Franco Baresi. Più attendibili gli ammessi al al voto per Fifa World: allenatori, dunque, informatissimi professionisti, ma senza la minima volontà di stupire. E allora, suffragio per Luis Figo, che nessuno si sognerà di discutere. Un po' come accadeva in un paese che dovremmo conoscere troppo bene, dove per lunghissimi anni il voto popolare non si è rivolto a una ideologia, per non sbilanciarsi, un "voto contro"e basta.
Ma poiché di votazioni si parla, non sarebbe giusto porre in secondo piano quella che, sulla slitta dei regali di Babbo Natale ci ha finalmente portato un presidente della Federcalcio, da pochissimi gradito ma unanimente designato. In mancanza di alternative, e dopo una estenuante vacanza fatta di ruoli virtuali, Nizzola, o forzati, il commissario Petrucci, bravo se non altro a confermare le sue virtù diplomatiche. Il plebiscito per Franco Carraro richiama l'esempio politico prima accennato, ma è soltanto apparenza: nel primo caso le alternative erano reali e ben definite, nel secondo le novità offerte erano poco più di zero, almeno sul piano pratico. Ex ministro, ex sindaco di Roma, ex presidente di quasi tutto, Franco Carraro torna sulla poltrona dalla quale aveva spiccato, quindici anni prima, spettacolosi salti in alto. Una gamberata, se vogliamo, sopportata in nome del bene comune. Giusto, del resto, che a risanare la Federcalcio fosse delegato chi, in Lega, aveva consegnato alle società un bilancio molto vicino alla bancarotta. E naturalmente la Lega stessa, espressione unica del calcio professionistico, continuerà ad affidarsi ai dilettanti le cui capacità manageriali sono rivolte, nel migliore dei casi, alle attività personali. Resterà dunque la sudditanza delle società: le sole a pagare gli interpreti dello spettacolo, ma costrette a subire capricci e imposizioni della Fifa e della Nazionale, che lucrano sugli altrui dipendenti. Resteranno i folli calendari internazionali, resteranno i lamenti, insieme con l'incapacità di far valere sacrosanti diritti giuridici. Ma uno spiraglio si apre: il neopresidente chiederà al Trap che gli Azzurri mandino a memoria musica (orrenda) e parole (ridicole) del nostro amato inno nazionale. Mamma mia!
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