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Scommettiamo che la Roma vince ancora?

di Gianfranco Giubilo - Set. 2001

Dopo la festa, secondo ricorrenti leggi, un po' di sbornia resta. Il saggio la mette in preventivo, così da limitarne gli effetti dannosi e garantirsi dignitosa efficienza quando viene il momento di rimettersi al lavoro. Sembrava che la nuova Roma avesse seguito questo principio, nell'accingersi all'impresa più ardua nella storia del calcio italiano: la conferma di un tricolore da parte di una squadra non appartenente alla schiera delle plurivincitrici. Nessuno vi è mai riuscito, tra i club che potremo definire "occasionali", se il termine non risultasse irriverente per una città maestosa e con un potenziale bacino che non ha rivali in Italia. Parlo, naturalmente, dei vari Napoli, Cagliari, Verona, Fiorentina, Sampdoria. E delle romane, naturalmente, protagoniste assolute delle ultime due stagioni. Riconquistare il titolo, senza perdere d'occhio l'obiettivo di quella Coppa dei Campioni che, per la Roma, ha rappresentato il grande sogno malamente svanito all'ultimo tuffo. Fatti salvi i rilievi statistici di segno negativo, le possibilità che la Roma possa confermarsi agli stratosferici livelli della passata stagione sono elevatissime. Non ha, come altri, provocato terremoti sul mercato con acquisti a sensazione, che probabilmente la quotazione in borsa non le avrebbe consentito. Ha dunque badato alle rifiniture, tentando di irrobustire soprattutto la panchina: con qualche cessione (sempre che tale si possa definire la restituzione di Cristiano Zanetti all'Inter), con l'arrivo del più promettente tra i giovani portieri italiani, il gigante Pelizzoli, l'inserimento in rosa del già acquistato Cassano, straordinario talento; in più, qualche marpione collaudato, da Lima a Siviglia, soprattutto Fuser, ideale seconda scelta per il ruolo di Cafu. Per Lassissi, grandi potenzialità e testa da sistemare, occorrerà aspettare, dopo il tremendo infortunio del precampionato. La Roma è cambiata pochissimo: e questo può rappresentare un vantaggio, non un limite. Che non intenda addormentarsi sui comodi cuscini dei traguardi raggiunti, Supercoppa compresa, lo ha espresso a chiare lettere mostrando, in estate, di avere acquisito grande personalità e consapevolezza. Fabio Capello avrebbe voluto qualcosa in più, e si può capirlo: ma se il giovane Cufrè, garantito da Samuel, non è il campione affermato richiesto dal tecnico per la difesa, è anche vero che il mercato offriva soltanto giocatori solidi e affermati, nel ruolo, al prezzo di stelle da Pallone d'Oro. Certo, Capello ha i suoi problemi, primo fra tutti convincere tutti, ma se stesso in primo luogo, che la costante presenza in campo di Montella tolga agli equilibri della squadra meno di quanto la squadra stessa guadagni in potenza offensiva. Si è creata una situazione di disagio, non esiste grande sicurezza sui ruoli all'interno dello staff dirigenziale. Aiuterebbe tutti una chiarezza che non è venuta in soccorso nel grottesco caso del comunicato relativo al premio di Supercoppa, una sorta di ultimatum a un club che, forse unico in Italia, non ha fatto lamentare nessun giorno di ritardo nell'adempimento dei suoi impegni economici verso i dipendenti. Attirarsi i fulmini del tifo non è stata una mossa intelligente. Ma i giocatori tanto fessi non sono, dunque è più facile pensare a una mossa studiata, che nasconde altri tipi di conflitti. Questi sono i reali pericoli per la Romabis: più insidiosi di quelli rappresentati dalla voglia di rivincita delle altre. Per Juve, Lazio, Inter e Milan basta, almeno a livello di competitività, la squadra che c'è. Tosta e convinta.



 


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