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Glerean, Zeman e Baggio quando il calcio è roba da schemi di Gianfranco Giubilo - Ott. 2000
In principio erano gli atipici. Non quello che lì lo metti e lì sta, fedele alle linee ideali tracciate sul campo del suo allenatore. Quello che, al contrario, voleva ritenersi libero di ritagliarsi fettine di campo in zone non propriamente di sue competenza, che rivendicava insomma la libertà di inventare, in contrasto con l'obbligo della fedeltà dell'esecuzione. Mai gli atipici conobbero vita facile, il conforto dei tifosi avendo certamente impatto pratico più morbido rispetto al potere del "mister". Poi l'atipico scomparve, trasformato in fantasista: ruolo purtroppo non previsto dagli schemi, al massimo capaci di ipotizzare mezze punte e centrocampisti di attacco, senza risolvere la conflittualità con il rigore degli ordini tattici venuti dall'alto. Una conflittualità finora irrisolta, salvo qualche caso esemplare, dovuto alla felice convergenza astrologica di intelligenza dello stratega e piena disponibilità del "bravo ma indefinibile". Da evidenziare, al riguardo, la straordinaria crescita tecnica e umana di Francesco Totti sotto la guida di Zdenek Zeman. A dimostrazione di un assunto che troppi si sforzano di negare: nella grande squadra che sa dedicare particolare attenzione agli atteggiamenti tattici, il genio calcistico trova sempre posto quando sa garantire anche doverosa concentrazione, senza lasciar cadere dall'alto timide gocce del suo nettare calcistico.
Certo, in questo momento sono pochi i tecnici che trovino tempo per insegnare calcio ogni giorno: come faceva Liedholm con allievi che si chiamavano (scusate) Falcao, Conti, Di Bartolomei, Pruzzo. Ma che la fantasia non possa fiorire all'interno di una severa disciplina tattica è un falso storico: buono per alimentare facile demagogia, per la gratificazione di superficiali tifosi (che però comprano i giornali), mascherando una realtà di base. Il grande giocatore è fuori dagli schemi se, per pigrizia o comodità, vuole rimanervi, privilegiando l'applauso occasionale al duro lavoro quotidiano. Negli Anni Settanta, l'Olanda rappresentava la Bibbia di un modello tattico che avrebbe trovato tanti imitatori, alcuni fin troppo goffi. Pure, in quegli schemi così rigorosamente mandati a memoria, un ruolo determinante ebbero a svolgere un fuoriclasse da podio nella storia del calcio, come Giovanni Cruyff, e un campionissimo perfino sottovalutato rispetto alla sua reale statura tecnica, Neeskens. Per tornare ai giorni nostri, la nuova stagione ha lasciato immutato il dilemma, che fa comodo a chi di chiacchiere vive. Roberto Baggio si è affidato a Carletto Mazzone, che sa gestire con uguale affetto e uguale bravura i grandi talenti e le api operaie; e Baggio, che è intelligente, si è immediatamente adeguato alla realtà del calcio di provincia. È un'occasione di divertimento in più, per il campionato, insieme con quelle che i profeti degli schemi sanno comunque offrire. Zeman in primo piano, naturalmente, calato nel bagno di amore di una Napoli che di grande , finora, ha soltanto stadio e pubblico. E magari quel matto di Glerean, che sfida l'utopia con il 3-3-4 del suo Cittadella, paesone in cui gli abitanti forse non pareggiano il conto con l'intero organico della squadra, staff tecnico e dirigenti compresi. Importante è sorridere e far sorridere; più importante, forse, dei paroloni arroganti di molti, troppi musoni. Perché poi, il muso si può anche sbattere violentemente. Vero, mister Lippi?
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