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1/2: il sogno di un maestro
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Quando
i "Diavoli" diventano ladri
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IL
NOME DELLA ROSA
TEMPO: Viene indicata una data che
possiamo assumere come termine di riferimento, la fine del 1327. Per quanto
riguarda gli avvenimenti che vengono riferiti da Adso con molte perplessità
e sempre per sentito dire, dobbiamo supporre che nella finzione letteraria
l'opera sia stata scritta successivamente a questa data; il linguaggio
invece può appartenere ad un'epoca nettamente precedente collocabile
tra il 12° e il 13° secolo. Eco ricorre al medesimo artifizio usato
da Manzoni, in pratica l'idea di un manoscritto trovato da Eco stesso e
quindi rielaborato.
LUOGO: Identica genericità
anche per il luogo ove sorge l'abbazia nella quale si svolgono gli eventi
narrati: l'unico dato certo è una zona compresa tra Pomposa e Conques,
sulla dorsale appenninica tra Piemonte Liguria e Francia. In ogni caso
l'abbazia presenta la struttura ordinaria di analoghi reali edifici, un
ambito chiuso, non diverso dalla curtis medioevale con una netta distinzione
tra la pars dominica (chiesa, chiostro, scriptorium e biblioteca e la pars
massaricia, destinata cioè agli addetti ai lavori manuali come le
stalle, stabbi e fucine).
CENNI STORICI: Nucleo della vicenda
è senza dubbio il contrasto nato all'interno dell'Ordine Francescano
tra frati conventuali e frati spirituali sull'essenza e l'uso della ricchezza.
Imperatore è Ludovico il Bavaro, mentre il Papa è Giovanni
XXII che si trovava ad Avignone in cattività.
Il contrasto che deriva dalle diverse interpretazioni date alla povertà
di Cristo è al centro della vicenda. (in effetti Guglielmo è
chiamato a presiedere come mediatore nella disputa teologica che si svolgerà
nell'abbazia).
PERSONAGGI: Voce narrante è
Adso da Melk che all'epoca delle vicende è un giovane novizio francescano
affidato alle cure di Guglielmo da Baskerville (evidente riferimento al
famoso romanzo di Conan Doyle "Il mastino dei Baskerville", celebre avventura
di Sherlock Holmes).
E' Guglielmo il vero protagonista, anche se bisogna notare come tutta
la vicenda ruoti attorno alla biblioteca, labirintico simbolo della pericolosità
di una cultura staccata dalla fede e dell'eccessiva curiosità (nel
cuore della biblioteca sono custoditi alcuni testi considerati pericolosi,
tra i quali il testo aristotelico sulla commedia che in realtà noi
non possediamo più). Guglielmo è un frate francescano che
gode di una certa fama per quanto riguarda la sua abilità nel risolvere
misteri e svelare quesiti incredibilmente complessi (famosa è la
descrizione che egli fa del cavallo dell'abate, Brunello, senza averlo
mai visto). Egli verrà incaricato dall'abate di svolgere delle indagini
sulla morte di alcuni frati dell'abbazia e alla fine svelerà il
mistero che si cela dietro ad un libro che uccide, o per il quale qualcuno
è disposto ad uccidere. Signore della biblioteca è un vecchissimo
monaco cieco, il venerabile Jorge, responsabile per molto tempo della biblioteca
e confessore di tutti i monaci del monastero. Non meno importanti sono
i frati che vivono all'interno delle mura sacre e che tra una preghiera
e un ufficio, assistono sbigottiti ai delitti che si consumano tra loro;
i più ricorrenti sono Remigio da Varagine, cellario del monastero
ed ex eretico dolciniano, Salvatore che si può considerare relativamente
umano e che desta subito i sospetti di Guglielmo per il suo strano modo
di parlare una lingua che non esiste, ma che è un concentrato di
tutte le lingue parlate nella cristianità. Adelmo, il giovane miniaturista
che si uccide vinto dal rimorso di un peccato consumato con Berengario,
vice bibliotecario che a sua volta verrà trovato cadavere. Inoltre
ricordiamo ancora le figure di Venanzio, il traduttore greco trovato morto
nella giara che conteneva il sangue dei maiali uccisi, Malachia, bibliotecario
e gran confidente di Jorge e Ubertino da Casale, venerato come un santo
dai francescani e condannato come eretico dal Papa. Ultimo personaggio
in ordine di comparizione è l'inquisitore Bernardo Gui, espressione
di un modo ormai superato di intendere la fede, sostenitore di un intollerante
e prepotente azione di soffocamento del libero dialogo, ben lontano dall'apertura
illuministica di Guglielmo.
VALORE: L'opera ha chiaramente un
valore simbolico ed allegorico, ambiti cari ad Eco che del resto è
titolare della cattedra di semiotica (scienza dei segni) all'università
di Bologna: la biblioteca ad esempio è simbolo da un lato del fascino
della cultura, dall'altro dell'enorme pericolosità in essa insita
a causa del "peccato d'intelletto", tratto tipico della mentalità
medioevale. Il Nome della Rosa può essere in effetti letto su differenti
livelli: è un romanzo giallo, romanzo filosofico ed allegorico,
un saggio romanzato di storia e civiltà medioevale, proprio a causa
di questa pluralità interpretativa.
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