IL “CIELO”

Perché state a guardare il cielo? Questo Gesù che è stato assunto fino a! cielo, tornerà... (Atti 1,11)



Chi non ricorda l’inizio della preghiera di Gesù: «Padre nostro che sei nei cieli» o l’avvio delle sue parabole: «Il regno dei cieli è simile a...» o la sua gloriosa ascensione al cielo? È ovvio che il punto di partenza di queste comparazioni è il firmamento, che la Bibbia concepiva come una gigantesca cupola sostenuta dalle colonne cosmiche le cui fondazioni penetravano, oltre la piattaforma terrestre, nell’abisso caotico e infernale, l’antìpodo del cielo. Una cupola sopra la quale sono racchiuse le “acque superiori”, lasciate filtrare sulla terra attraverso feritoie e serrande. A questa volta maestosa sono appesi i “grandi luminari” del sole e della luna e vi sono fissate le stelle.

È evidente, però, che il cielo, come l’intero cosmo, diventa — non solo per la Bibbia, ma anche per le altre culture — un simbolo di realtà trascendenti. Il Salmista, per esempio, è fermamente convinto che «i cieli narrano la gloria di Dio e il firmamento annunzia l’opera delle sue mani» (Salmo 19,2). Nel cielo verrà collocata la residenza divina, come segno di trascendenza, nella convinzione, però, che «né i cieli o i cieli dei cieli» possono contenere il Creatore infinito ed eterno ( 1 Re 8,2 7). Nel cielo sarà situata anche la residenza dei giusti in comunione col Signore: essa sarà chiamata con un vocabolo di origine persiana, “pardes” in ebraico, ossia “paradiso”, che di per sé designa un «giardino regale» recintato (Cantico 4,13).

Gesù in croce assicurerà questo “paradiso” di intimità divina al malfattore pentito (Luca 23,43); Paolo descriverà la sua esperienza estatica di «rapito al terzo cielo, in paradiso» (2 Corinzi 12,4) e l’Apocalisse prometterà al «vincitore di dargli in cibo il frutto della vita che sta nel paradiso di Dio» (2,7). Il cielo è, quindi, un grande segno teologico che va oltre quell’orizzonte celeste che anche Gesù contemplava attraverso i voli degli uccelli, i movimenti dei venti e delle nubi e le previsioni meteorologiche (Luca 12,54-56). È la raffigurazione dell’alterità e della superiorità di Dio rispetto a noi creature limitate e finite.

È l’orizzonte di luce da cui il Figlio di Dio scende nell’incarnazione, divenendo uomo della terra ma anche «pane disceso dal cielo». Al cielo ritornerà nella sua gloria pasquale, al compiersi della redenzione: «Nessuno è asceso al cielo se non colui che è disceso dal cielo» (Giovanni 3,13). L’ascensione è la rappresentazione di questo mistero che segna il ritorno nell’infinito di colui che ha voluto essere compresso nel finito terreno attraverso la sua umanità. Il cielo è, quindi, il simbolo dell’infinito ove «Cristo è assiso alla destra di Dio» (Colossesi 3,l) e dal quale «ritomerà un giorno allo stesso modo con cui l’avete visto andare in cielo» (Atti 1,1 1).

C’è, però, la consapevolezza, come si diceva, che non è il cielo fisico a contenere Dio, anche perché questi «cieli con fragore passeranno» (2 Pietro 3,10) e ci sarà «un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima scompariranno» (Apocalisse 21,1). Questo monumentale tempio cosmico, che ha per volta il cielo e nel quale — secondo il Salmo 148— si leva un corale alleluia, è quindi un grande simbolo che ci parla del mistero di Dio e dell’uomo, come ci suggerisce la stupenda meditazione notturna del Salmo 8 alla cui lettura i-i- mandiamo come a suggello di questo breve viaggio celeste.



LE PAROLE PER CAPIRE

CANTI DELLE ASCENSIONI- Sotto questo titolo sono raccolti 15 Salmi, dal 120 (119) al 134 (133). Essi forse costituivano una sorta di libro del pellegrino ebreo che “ascendeva” verso Sion (Gerusalemme è a 800 metri). Questa ascesa diventava, però, segno di un’elevazione mistica verso Dio.

GALILEA - È la regione settentrionale della Terrasanta, segnata da una vasta pianura (di lzreel o Esdrelon), incorniciata da monti e dal lago di Genesaret o Tiberiade. Fu il teatro della prima attività pubblica di Cristo.