LA ”PURITÀ”

Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall’uomo a contaminarlo. (Marco 7,15)



In tutte le religioni si introduce una linea di demarcazione tra il sacro e il profano. Per passare da questa seconda area quotidiana a quella del tempio e del culto è, allora, necessaria una purificazione che di solito è compiuta con riti lustrali affidati all’acqua. Il concetto di “puro” è, quindi, in prima istanza di natura sacrale e viene esteso alle persone e alle cose perché possano essere ammesse nell’ambito del divino e del sacro. È significativa la reazione di Isaia quando, nel momento della sua vocazione, viene introdotto davanti alla corte celeste e a Dio: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito» (6,5). Un angelo dovrà, perciò, purificarlo per ammetterlo al tempio celeste e alla presenza divina.

Nell’Antico Testamento ci si imbatte in una complessa legislazione riguardante la purità rituale (in particolare nel libro del Levitico): essa si estende a vari ambiti, così da far coincidere questa categoria con tutto ciò che è positivo. In tal modo il cibo è oggetto di accurate distinzioni tra animali commestibili e no, secondo criteri arcaici e foiclorici: per esempio, animali puri sono quelli ruminanti e con lo zoccolo spaccato, e tra i pesci quelli che hanno squame (anche Gesù in una parabola parla di «pesci buoni» e «pesci cattivi» da buttare: Matteo 13,47-48).

C’è, poi, la persona umana che può essere colpita da impurità. Gravissima è, in questo senso, la lebbra, tant’è vero che il lebbroso da lontano deve segnalare questo suo stato impuro gridando: «Immondo!» (Levitico 13,45-46).

Anche le realtà sessuali o il sangue, essendo legati alla vita, considerata sacra, creano impurità qualora vengano versati, toccati o manipolati. Naturalmente è impuro il cadavere e quindi non può essere accostato (si ricordi la reazione del levita e del sacerdote di fronte al disgraziato semimorto della parabola del Buon Samaritano di Luca 10,30-35). Un sistema molto complesso di regole di purità, sovente legato a tabù ancestrali, reggeva la vita del fedele in modo rigido ed estrinseco secondo le varie dimensioni della sua esistenza e persino delle sue cose.

Sì, perché la purità era sostanzialmente una qualità esterna venficabile e non coincideva necessariamente con la purezza interiore e morale. Da questo punto di vista è marcata la novità introdotta da Cristo. Egli, infatti, contesta l’osservanza maniacale di queste tradizioni rituali, dimenticando che esse erano solo uno strumento per esaltare la purificazione della coscienza. Per questa via verrebbe, infatti, penalizzata la sostanza della religiosità autentica. Ciò che contamina l’uomo non è tanto una patina esterna, ma è la qualità interiore, sono le «intenzioni cattive» (Marco 7,20.23).

Gesù, anzi, giungerà fino al punto di “toccare” i lebbrosi, assumendo su di sé la loro impurità per liberare quei miseri dalla loro sofferenza, invitandoli poi a far registrare la loro ritrovata purità per essere riammessi nella società religiosa e civile. Egli lascerà che i suoi discepoli violino le varie norme di purità alimentare, incontrerà e persino loderà stranieri, impuri ritualmente per ragioni razziali, e la Chiesa con san Pietro imparerà che «ciò che Dio ha purificato non lo si deve chiamare profano»: si legga l’esemplare capitolo 10 degli Atti degliApostoli con la visione della mensa di cibi impuri e l’ammissione nel cristianesimo del centurione romano Cornelio convertito.



LE PAROLE PER CAPIRE

TORAH - Il termine ebraico deriva da una radice verbale che indica l”insegnamento”. Di solito, però, il vocabolo è inteso come Legge e rimanda alla legislazione biblica presente in molte pagine dei primi cinque libri della Bibbia, detti appunto Torah dagli ebrei e “Pentateuco” dagli studiosi (letteralmente, “cinque teche”, nelle quali erano custoditi quei libri).

ISRAELE - Secondo Genesi 32,29, è il nuovo nome assegnato a Giacobbe dopo la lotta con l’essere misterioso lungo le rive del fiume Jabbok. Là il termine è interpretato come “lottare con Dio”, ma il vero significato di questo nome è incerto. Esso diverrà poi la designazione del popolo eletto o, più riduttivamente, del regno settentrionale ebraico con capitale Samaria.