L'EBREO FILIPPO BATTEZZA UN PAGANO


Nella lista dei sette cristiani eletti come gestori dei beni comunitari della Chiesa di Gerusalemme, il primo nome era, come si è visto la scorsa domenica, Stefano. Al secondo posto ci si imbatteva in un certo Filippo, nome greco molto diffuso ("amante dei cavalli"), portato anche da un apostolo, come abbiamo avuto occasione di dire delineando-ne in passato il ritratto.

Ora, quest'altro Filippo ritorna in scena nella prima lettura della sesta domenica di Pasqua e non più nella sua funzione di amministratore, ma di evangelizzatore.

Infatti, lo vediamo recarsi in una città di Samaria, l'antica capitale del regno settentrionale di Israele, ricostruita dal re Erode come uno splendido centro ellenistico col nome di Sebaste, in greco "Augusta", in onore dell'omonimo imperatore romano. Là - stando al racconto degli Atti degliAposloli (8,5-8) - egli sa annunziare il Vangelo con grande efficacia, sia in parole sia in miracoli. Ma la sua attività missionaria non finisce qui.

Nello si esso capitolo 8 degli Atti lo ritroviamo mentre è in marcia sulla strada che scendeva da Gerusalemme a Gaza (8,26-40). Davanti a lui procedeva a passo di trotto il cocchio di un alto funzionario della regina di Etiopia (il titolo che a essa veniva attribuito era "Candace", che è ricordato da Luca come nome proprio; in realtà era comune, come quello di "faraone", e forse significava 'regina"). Questo ministro etiope era uno di quei proseliti pagani che si erano convertiti al giudaismo e, perciò, era stato in pellegrinaggio a Gerusalemme.

Filippo, spinto dallo Spirito Santo, lo rincorre e scopre che quell'uomo sta leggeiido il quarto dei cosiddetti "canti del Servo del Signore", pagine del profeta lsaia che avevano per protagonista un

personaggio misterioso, visto dai cristiani in chiave messianica, anzi ciistologica. Questo quarto cauto (Isaia 53) descriveva una vicenda di soffereiiza, morte e glorificazione del Servo e, perciò, ben s'adattava alla figura cli Cristo. Filippo coglie, così, l'occasione di istruire quel funzionario nella fede cristiana, mentre prosegue con lui il viaggio sul cocchio.

Giunti nei pressi di una sorgente, ecco la grande svolta: "Qui c'è acqua - dice l'etiope - che cosa mi impedisce di essere battezzato?". La missione di Filippo era, così, compiuta. Egli era un ebreo della diaspora, quindi abituato a vivere a contatto coi pagani, come attestava il suo stesso nome greco. Era, dunque, significativo per lui essere un evangelizzatore di pagani, come era quel ministro per la sua origine, o esserlo di persone legate a forme religiose e a tradizioni diverse, come lo erano i samaritani. Ritroviamo più avanti Filippo, sempre nel racconto degli Atti degli Apostoli (21,8-9), nella città di Cesarea Marittima, la sede del governatore romano di Palestina.

Là egli si era stabilito con le sue quattro figlie nubili, dotate del dono della profezia. E in quella casa ebbe l'onore di accogliere e ospitare san Paolo che stava recandosi per l'ultima volta a Gerusalemme, ove sarebbe stato arrestato e ove sarebbe iniziata l'ultima avventurosa e decisiva tappa della stia vita.