DAVIDE E LA SAGGIA DONNA DI TEKOA


«Una donna perfetta chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore»: così si legge in apertura al ritratto dell’ideale padrona di casa che la liturgia di questa domenica ci propone in un frammento, ma che è delineato in forma completa nell’ultima pagina del libro dei Proverbi (31,10-31). In quell’inno si ha anche questa osservazione: «Essa apre la bocca con saggezza e sulla sua lingua c’è dottrina di bontà» (v. 26). Abbiamo, così, pensato di far salire sulla ribalta — in un contesto socioculturale “patriarcale” e persino misogino com’è quello dell’antico Vicino Oriente — una donna definita anch’essa dalla Bibbia come “saggia”.

Di lei, però, non conosciamo il nome; sappiamo solo che risiedeva a Tekoa (o Teqoa), un villaggio posto a 10 km a sud di Betlemme, in pieno deserto di Giuda. Di là sarebbe venuto anche un profeta che, prima della sua vocazione, vi faceva il pecoraio e il coltivatore di sicomori, Arnos (VIII secolo a.C.). Questa donna entra in scena in un momento delicatissimo del regno di Davide. Suo figlio Assalonne ha ucciso lo stupratore di sua sorella Taniar, un certo Amnon che era anch’egli figlio del re, sia pure attraverso un’altra delle sue mogli. Ora, per paura della condanna, Assalonne era fuggito all’estero, nel piccolo regno di Ghesur, sulle alture del Golan, a est del lago di iberiade: sua niadre Maaca, una delle spose di Davide, era appunto la figlia del sovrano di quello staterello.

Lassù Assalonne rimase tre anni e per tutto quel tempo Davide aveva conservato contro di lui sdegno e non voleva riaccoglierlo a corte. Fu a questo punto che il potentissimo ministro della difesa, loab, nipote di Davide, decise di organizzare una manovra per placare il re nei confronti dei figlio. Entra, così, nella storia la donna “saggia” di Tekoa la quale chiede udienza a Davide in abiti di lutto, presentandosi come vedova. Al re racconta una parabola apparentemente autobiografica. I suoi due figli avevano litigato e uno aveva assassinato l’altro. La madre, però, aveva impedito che i parenti lo condannassero a morte per la legge del taglione e lo teneva nascosto. Non voleva, infatti, restare del tutto sola e senza discendenza.

Davide promette alla donna la sua protezione e l’amnistia nei confronti del figlio assassino e lo fa ribadendo la promessa a più riprese, dietro insistenza della sua interlocutrice. Anzi, la donna pronunzia una stupenda perorazione, che è tutta da leggere nel capitolo 14 del secondo Libro di Sarnuele: in essa si fa strada nettamente la vera finalità di quell’intervento, ossia il perdono da concedere al figlio stesso di Davide, quell’Assalonne che aveva compiuto un gesto analogo a quello perpetrato dal protagonista del finto episodio narrato dalla donna di Tekoa. Davide, allora, capisce e sospetta che dietro questa operazione ci sia il suo potente ministro, loab, appunto.

La “saggia” cittadina di Tekoa comprende che è inutile nascondere la verità e confessa: «Proprio il tuo servo loab mi ha dato questi ordini e ha messo tutte queste parole in bocca alla tua schiava» (14,19). Essa ha, però, intuito che il suo discorso di madre ha fatto breccia nel cuore di un padre, com’è Davide. Costui, infatti, cede sia alla donna sia al suo ministro, nei cui confronti nutriva una fiducia assoluta e forse aiiche una certa dipendenza psicologica.

Fatto chiamare Ioab, ordina: «Voglio fare quello che hai chiesto; va’, dunque, e fa tornare da Ghesur il giovane Assalonne» (14,21). Tuttavia il re non vorrà riceverlo a corte, ma gli fisserà un domicilio in un palazzo di Gerusaleinme. E questo sarà il pretesto che Assalonne assumerà per dare il via alla terribile guerra civile che sfocerà nella sua tragica morte.