IL POEMA DELL' AMORE


Questa domenica in piazza San Pietro il Papa celebrerà la Messa con alcuni matrimoni così da presentare e far vivere in modo visibile il Giubileo delle famiglie. Quale testo biblico può rafflgurare in modo alto ed esemplare l’evento che ripropone la consacrazione dell’amore umano? La risposta è facile: il Cantico dei Cantici! Il titolo di questo poemetto “ispirato” ncalca l’originale ebraico che è un superlativo semitico destinato a indicare “il canto per eccellenza”, “il canto sublime”, l’Hohelied, come traducono i tedeschi, cioè il canto più alto. Lo scrittore austriaco Robert Musil (1880-1942) nel suo L’uomo senza qualità metteva in bocca a un suo personaggio questa ammirata definizione: «Non c’è nulla di più bello del Cantico dei Cantici».
Lo studioso si trova impotente a rendere la fragranza di queste 1.250 parole (tante sono nell’originale ebraico), distribuite in 117 versetti e 8 capitoli: se è lecita una confessione personale, noi, nel nostro commento al Cantico pubblicato dalle Dehoniane nel 1992, abbiamo dedicato a quelle 1.250 paroledi estrema purezza quasi un migliaio di pagine di note e allegati, cercando inoltre di inseguire l’immensa letteratura fiorita dal testo poetico biblico. Come arginare, anche solo in un catalogo, le libere riprese del poema biblico negli scritti cristiani dei Padri della Chiesa, della liturgia, della tradizione medievale e dell’esegesi moderna? Come raccogliere la produzione giudaica che dalla Sinagoga alla poesia ebraica dei secoli recenti ha attinto al Cantico? E l’influsso sulla letteratura italiana e straniera da Dante a Turoldo (che al poemetto biblico ha riservato uno spazio rilevante nei suoi ultimi scritti)? E le traduzioni letterali, poetiche e persino dialettali (ce ne sono anche in dialetto sardo e napoletano)?
E il Cantico dipinto? Caravaggio nel Riposo nella fuga in Egitto ritrae Giuseppe mentre regge, di fronte all’angelo che suona il violino, lo spartito di un mottetto del musicista franco-fiammingo Noel Bauldewijn che riprende alcuni versetti del Cantico dei Cantici (7,7-8; 7,6a.5a; 7,12a.13), mentre Chagail ci ha lasciato almeno cinque oli su tela conservati al museo “Il Messaggio biblico” di Nizza e dedicati alla moglie Vava. Per non parlare dell’immenso “pentagramma” del Cantico che pervade la musica liturgica, soprattutto mariana, a partire dalla polifonia rinascimentale, che trionfa con Palestrina (ventinove mottetti sul Cantico); passando poi al Seicento
con Monteverdi, Charpentier, Buxtehude, al Settecento con Handel, all’Ottocento con il Cantico Canticorum op. 120 di Bossi, al Novecento con Honegger, Bloch, Pizzetti, Stravinskij, Berio, Penderecki e persino con la canzone The man I love di Gershwin... Sono solo alcuni cenni per ricordare un vero e proprio pianeta d’amore che nel Cantico ha trovato la sua stella. Un commentatore, André Robert, affermava che «non c’è libro biblico che non abbia esercitato sull’anima cristiana un effetto di seduzione comparabile a quello del Cantico. Non c’è altro che questo breve poema ad aver sfidato gli sforzi degli interpreti». Noi per ora ci fermiamo qui, alle soglie di questo poemetto d’amore umano e divino, affidandolo alla lettura di tutti coloro che hanno vissuto e vivono un’esperienza d’amore: essa non comprende solo la primavera e il fulgore della luce ma, come s’insegna nel Cantico, anche la notte, il gelo e l’assenza. Riprenderemo, comunque, in mano questo libretto biblico per espnmerne il significato profondo.