SARA, LA VECCHIA MADRE DI ISACCO


«Per fede Sara, sebbene fuori dell'età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne fedele colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia innumerevole che si trova lungo la spiaggia del mare».

Così si legge in questa domenica nel secondo brano proposto dalla liturgia, desunto da quella grandiosa omelia che è la Lettera agli Ebrei (11,11-12). L'autore ignoto, che appartiene all'ambito dei discepoli di Paolo, in quel capitolo procede un po'
come noi stiamo facendo in questa rubrica: delinea una galleria di ritratti di personaggi biblici che egli considera come eroi della fede. E tra costoro; ovviamente dopo il marito, il patriarca Abramo, ecco far capolino Sara, la vecchia madre di Isacco.

La Bibbia ci offre due varianti ebraiche del suo nome, Saray e Sarah, ma il significato è unico: "principessa", anche perché "essa diventerà nazioni eredi popoli nasceranno da lei" (Genesi 17,16). La sua storia, iniziata col matrimonio con Abramo, è segnata da un incubo particolarmente grave in una società agricola, quello della sterilità: non dar figli, e quindi braccia che lavorino, rende una moglie come un ramo secco, e già abbiamo conosciuto questo dramma quando, un paio di settimane fa, abbiamo introdotto la figura di Anna, la futura madre del profeta Samuele.

La promessa divina di un figlio irrompe nella vita di questa donna triste anche se bellissima (Genesi 12,10-20; 20) ma non ne toglie la malinconia. Il suo inizialmente è un dubbio che non la rende, certo, eroina della fede. L'autore sacro della Genesi evoca, infatti, il suo "riso" scettico di Sara, appena essa apprende la notizia che potrà generare: "Sara rise dentro di sé e disse: Avvizzita come sono dovrei provare il piacere, mentre anche mio marito è vecchio?" (18,12). Si sa, però, come la storia andò a finire: il vecchio Abramo riuscirà ancora a rendere incinta lei per la quale "era cessato ciò che avviene regolarmente alle donne" (18,11), cioè lei ormai in menopausa.

Alla fine ecco un bel bambino, nato da Sara, chiamato con un nome ironico e simbolico, Isacco, che in ebraico significa: "Il Signore ha riso!". Una sorta di smentita vivente al "riso" dubbioso e incredulo della madre.

Passeranno gli anni e anche Sara approderà alla tomba. Una tomba nella grotta di Macpelah presso Hebron, e la Genesi descrive con vivacità l'acquisto di quello spazio sepolcrale da parte di Abramo che deve ricorrere a un proprietario terriero locale hittita, Efron, per ottenere una tomba di famiglia (capitolo 23).

Ma Sara rimarrà viva nella storia ebraica come madre di Israele (Isaia 51,2) e, per il cristianesimo, come la madre dei figli della fede e della promessa divina. Anzi, l'apostolo Paolo nella Lettera ai Galati, comparandola ad Agar, la schiava che aveva generato ad Abramo un altro figlio, Ismaele, dipingerà Sara come un simbolo della "Gerusalemme di lassù, che è libera e che è nostra madre... Fratelli, noi non siamo figli di una schiava, ma di una donna libera!" (vedi Galati 4,21-31).