Giuda Maccabeo il martello di Dio


In queste giornate è tradizionale la memoria dei defunti, espressa anche attraverso la preghiera di suffragio. Una consuetudine, quest’ultima, che ha un’attestazione già nell’Antico Testamento con la figura che ora vorremmo solo abbozzare, quella di Giuda Maccabeo; l’eroe della ribellione ebraica contro l’oppressione del re Antioco IV, sovrano di Siria e dell’area palestinese. Infatti, durante una delle molteplici battaglie che vedevano confrontarsi tra loro i rivoluzionari maccabei e l’esercito siroellenistico, Giuda ebbe un’amara sorpresa: i suoi stessi combattenti, caduti in uno scontro coi nemici, portavano sotto le loro tuniche amuleti idolatrici.

Giuda, allora, «fatta la colletta, per circa 2.000 dracme d’argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio espiatorio, agendo in modo giusto e nobile, suggerito dal pensiero della risurrezione. Infatti, se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. Ma se egli considerava la magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal loro peccato» (2Maccabei 12,43-45).

Ma, al di là di questo episodio particolare, la figura di Giuda campeggia solennemente nei due Libri dei Maccabei (il secondo, però, non è la continuazione del primo, ma un’opera autonoma, destinata a esaltare proprio Giuda e la sua epopea). Tutto era cominciato allorché il padre del nostro eroe, un sacerdote di nome Mattatia, aveva dato il segnale
della rivolta contro il paganesimo forzato a cui erano indotti gli Ebrei dai governanti siri.

Era l’anno 167 a.C. e il motto di quel movimento partigiano ebraico era: «Ci guardi il Signore dall’abbandonare la legge e le tradizioni! Non obbediremo agli ordini del re per deviare dalla nostra religione a destra o a sinistra» (IMaccabei 2,21-22).

Il figlio terzogenito Giuda divenne l’alfiere di questa lotta assumendosi il soprannome di “Maccabeo”, forse derivante dall’ebraico maqqabah, “martello”, soprannome che sarebbe stato poi esteso a tutti i combattenti per la causa di Israele. A lui toccò organizzare una vera e propria forza annata e confrontarsi coi generali siro-ellenistici Gorgia, Lisia e Nicanore, comandanti dell’esercito avversario, con una strategia militare fatta di colpi di mano improvvisi e rapidi. Non disdegnò anche il compromesso politico, quando esso serviva alla sua causa.

Cercò, allora, di stabilire un’alleanza diplomatica con la nuova potenza emergente, quella romana, e di questo approccio il capitolo 8 del primo Libro dei Maccabei offre un’interessante documentazione. I successori di Giuda, i fratelli Gionata e Simone, andarono oltre, stipulando alleanze ulteriori con la stessa Roma e con Sparta e abbandonandosi anche a intrighi politici per interferire nelle lotte intestine al potere siro.

Chi ama opere che narrano eventi bellici si troverà a suo agio nella lettura dei Libri dei Maccabei che, però, conservano anche testimonianze alte di eroismo e di fedeltà ai propri ideali religiosi e culturali. Giuda morirà in battaglia nel 160 a.C. La Bibbia ci ha lasciato questa specie di epigrafe: «Tutto Israele lo pianse: “come è caduto l’eroe che salvava Israele?”. Le sue imprese, le sue battaglie, gli eroismi di cui diede prova e i suoi titoli di gloria non sono stati scritti, perché troppo grande è il loro numero» (1 Maccabei 9,20-22).