UN IMPEGNO MOLTO FORTE TRA DIO E ABRAMO
  

Ci si avvicinava al crepuscolo. Il sole batteva ormai radente sulle pietraie del deserto attorno a Hebron. Solenne e taciturno come uno sceicco d’Oriente, il patriarca ordinò che gli fossero portati dai suoi armenti una giovenca di tre anni, una capra e un ariete della stessa età, una tortora e un piccione. Con mano forte e ferma, aiutato dai membri del suo clan, li uccise e poi squartò a metà la giovenca, la capra e l’ariete. Ne prese i pezzi e li dispose su due file col sangue che gocciolava nella polvere:
due bordi sanguinolenti entro i quali correva come un sentiero.

Poi il patriarca, il cui nome era Abramo, si sedette, costretto però ad allontanare con una lunga canna gli uccelli rapaci che piombavano dal cielo attratti dal sangue delle carni. Ormai il sole era al tramonto e, come accade nel Vicino Oriente, il passaggio alla notte fu quasi immediato. Un oscuro terrore si ramificava come una mano gelida nell’animo di Abramo.
Ed ecco, all’improvviso, in quel buio fitto avanzare una fiaccola ardente o forse un braciere fiammeggiante.
Nessuna mano lo reggeva, eppure si faceva strada. Onnai si muoveva sul sentiero che si stendeva tra gli animali squartati. All’improvviso da quella fiamma si levò una voce: «Alla tua discendenza io darò questa terra, dal fiume d’Egitto fino al grande fiume Eufrate». Si fece silenzio. La notte aveva spento tutti i colori e tutte le voci, solo il vento percorreva gli spazi di quella terra “promessa”, facendo fremere i teli delle tende del clan del patriarca.

Abbiamo voluto rievocare una scena impressionante descritta nel capitolo 15 della Genesi, nei versetti 7-21.
È l’antica tradizione che dipinge un rituale arcaico che è, però, sopravvissuto per secoli quasi sino ai nostri giorni in alcune tribù beduine della Siria e della Giordania. Esso è chiamato in arabo fidù ed è una specie di impegno forte per un patto che non ammette rescissioni ed eccezioni. È, infatti, un gesto di automaledizione quello che si compie quando il contraente passa lentamente in mezzo a quelle due file di animali squartati. Egli in modo quasi visivo sembra dire:
«Accada anche a me quello che è capitato a queste bestie: sia squarciato in due, se violerò l’impegno che ora sto prendendo!».

A questo punto riusciamo a comprendere perché nei commenti alla Bibbia si è soliti intitolare quel brano della Genesi così:

«Patto tra Dio e Abramo».

In realtà, questa pagina emozionante ci presenta soltanto il giuramento del Signore: è lui solo a passare in mezzo agli animali divisi sotto il simbolo divino del fuoco e della luce; è lui solo a impegnarsi, a parlare e promettere. È chiaro, allora, il messaggio: la vocazione di Abramo e del suo popolo è un dono divino, è una grazia, non un merito o un privilegio.
E la risposta di Abramo è solo in una scelta, la fede. La riga che precede il nostro racconto suona, infatti, così:
«Abramo credette e questo gli fu accreditato a giustizia» (15,6).