Il primato di Cristo unico mediatore


Chi va oggi a cercare l’antica Colossi, «città grande, fiorente, con molti abitanti», come la definiva lo storico greco Senofonte, s’imbatte in una ristretta area archeologica nei pressi del villaggio di Honez, nella Turchia centrale. È solo un cumulo di pietre su cui regna il silenzio; eppure il nome antico di questa ex città risuona ancor oggi per merito di san Paolo, che però mai si recò a Colossi di Frigia, la cui Chiesa fu fondata da un suo discepolo, Epafra, originario di quella regione. A quei cristiani, infatti, l’Apostolo inviò una lettera, così originale per stile e contenuti da aver fatto ipotizzare a molti studiosi una mano diversa, quella di un suo discepolo.

Noi scegliamo di fermarci sulla pagina d’apertura di questo scritto. Reagendo a certe stravaganze dei cristiani colossesi che erano tentati da forme rischiose di fede (si condanna in 2,18 un’eccessiva «venerazione degli angeli», ma anche si denunciano varie degenerazioni religiose), l’autore della Lettera vuole quasi operare una bonifica spirituale, riproponendo l’unicità della figura di Gesù Cristo come Salvatore. E lo faceva evocando o creando un inno solenne che è posto appunto all’inizio dello scritto. Forse è da considerarsi — come quello di Filippesi 2, presentato la scorsa settimana, e come quello che apre la Lettera agli Efesini (1,3-14) — la citazione di un canto in uso nelle Chiese dell’Asia Minore, sia pure con qualche ritocco e aggiunta.

Nei versi che ora leggeremo, scanditi dalla ripetizione del termine greco che indica la totalità, panta, emerge grandiosa la figura di Cristo, Signore di tutto l’essere cosmico e storico, Sapienza creatrice e pienezza di ogni vita e salvezza, sorgente di armonia e di pace universale. Questo inno, perciò, ben s’adatta alla solennità di Cristo re che celebriamo questa domenica e ben esorcizza le tentazioni dei Colossesi di ridurre Gesù forse al primo degli angeli, una specie di guida preminente in mezzo ad altri mediatori tra l’umanità e Dio. Egli, invece, è l’unico mediatore tra terra e cielo e non ci sono salvatori concorrenti.

L’inno si svolge in due movimenti. Il primo, in modo molto nitido, esalta il primato di Cristo come creatore dell’essere. Ascoltiamo questi versi potenti e incisivi. «Cristo è immagine del Dio mvisibile, primogenito di ogni creazione poiché in lui sono state create tutte le realtà, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili... Tutto è stato creato per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutto e tutto in lui sussiste» (1,15-17).

Al secondo movimento del canto è assegnato, invece, il compito di delineare la funzione storica di Cristo, cioè quella di Salvatore dell’umanità, attraverso la Chiesa che è il suo corpo continuamente presente e operante nel tempo e nello spazio, del quale egli costituisce il capo. Con questa azione di salvezza egli riesce a riconciliare l’umanità in sé stessa e con Dio. Lasciamo la parola all’inno: «Cristo è il capo del corpo, cioè la Chiesa, il principio, il primogenito dei risorti dai morti, così da primeggiare su tutti. Poiché piacque a Dio di far abitare in lui ogni pienezza e per mezzo suo di riconciiare tutta la realtà in lui, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, sia le realtà della terra sia quelle del cielo» (1,18-20).