Il primo boccone è per Giuda


Si trova anche oggi al piano superiore di una casa di Gerusalemme il Cenacolo.
Non è certo la sala sotto le cui volte risuonano quelle ultime parole terrene di Cristo che Giovanni ci ha conservato, sia pure elaborandole, nei capitoli 13-17 del suo Vangelo. Infatti, le volte dell’odierno Cenacolo — che, comunque, sorge nell’area ove si ergeva la casa che aveva ospitato quella sera Gesù coi suoi discepoli — sono tipicamente gotico-crociate e non manca neppure un mihrab, cioè una di quelle nicchie che indicano ai musulmani la direzione della Mecca per pregare, segno dell’uso a moschea di questo edificio.

Noi, collegandoci alla solennità del Corpo e del Sangue del Signore, vorremmo gettare solo uno sguardo all’interno di quella stanza, immaginando di metterci in ascolto di quelle parole che hanno il sapore di un testamento. Esse sono collocate entro la cornice di una cena che è come un pasto d’addio e che gli altri evangelisti descrivono come cena pasquale ed eucaristica (Giovanni aveva parlato dell’eucaristia già nel capitolo 6 del suo Vangelo, evocando il discorso tenuto da Gesù nella sinagoga di Cafarnao).

L’avvio del racconto è emozionante:
«Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (13,1). Emozionante è anche il primo gesto che egli compie, la lavanda dei piedi ai discepoli, un atto di estrema umiliazione per un ebreo, ma anche un segno di donazione. Un famoso teologo, Oscar Cullmann, vi aveva visto una raffigurazione simbolica non solo della morte di Cristo ma anche della stessa eucaristia, carne e sangue donati all’uomo.

Emozionante è anche il «riconoscimento» del traditore Giuda che, in quella cena, avviene attraverso il gesto, di sua natura cordiale, dell’offerta del «boccone dell’ospite», il primo e il migliore, che Gesù presenta al suo discepolo. Giovanni annota: «Preso il boccone, Giuda subito uscì. Ed era notte» (13,30). Ma emozionanti sono anche quei discorsi che Cristo pronunzia dopo la cena, mentre cala l’ultima sera della sua vita terrena (l’indomani a quell’ora egli sarà già cadavere nel sepolcro).

L’evangelista elabora quelle parole che riflettono una tecnica stilistica che si è soliti definire a ondate”: è come se esse fossero le onde della risacca che coprono più o meno gli stessi spazi in forma sempre diversa e mutevole.
Quei discorsi di Gesù riprendono e ribadiscono, infatti, temi costanti ma in forma sempre nuova.
Noi ora ricorderemo solo che sono due i temi capitali di quei discorsi-testamento: la fede e l’amore.
Vorremmo che i nostri lettori prendessero in mano un Vangelo e percorressero quei capitoli giovannei, dal 13 al 17, lasciandosi condurre dal loro flusso.
Noi vi ritorneremo, come sempre brevemente, la prossima settimana per illustrame la bellezza e l’intensità, lo splendore e la profondità.